Fiabe

le fiabe di Angela Cavelli
prendono spunto da quelle classiche

Cordova aveva una moschea
sentiva gli arabi sul collo e le trine di Siviglia sulle spalle...
perché la signora sapeva d'essere in cucina
ma non sapeva altro
e non parlava più
di Angela Cavelli

Fiabe

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Sabato 2 Aprile, 2011
[...]

Pensò allora che, poichè a mali estremi estremi rimedi, avrebbe potuto andare a rubare nelle vigne, nei frutteti per poter sfamare i suoi; gli sembrava una soluzione giusta-giusta, vista la situazione, ma i suoi genitori sarebbero morti di crepacuore perchè ci tenevano ad essere considerati dei bravi genitori. Inoltre il grande Competente, Ministro della Psiche del Regno, si sarebbe preso cura di lui e dei suoi fratelli e li avrebbe mandati ai corsi di coccoloterapia e di acquerello emozionale e, per ultimo, in terapia intensiva così che non avrebbero più potuto ragionare con la loro testa, che era poi l’unica ricchezza rimasta loro. Che fare, dunque?. Siccome sapeva che aveva bisogno di tempo per trovare una soluzione e poiché il tempo stringeva, avrebbe messo in atto una sua strategia.
La mattina dopo, all’alba, tirò cautamente il paletto della porta e si trovò fuori. Sulla riva di una ruscello che scorreva dietro la casa c’erano tanti sassolini bianchi a forma di cuore. Pollicino se ne riempì le tasche e se ne andò in camera senza far rumore.
A giorno fatto, tutta la famiglia partì per il bosco. I sette bambini seguirono il padre e la madre nella foresta. Il taglialegna si mise ad abbattere ceppi e i figlioli cominciarono a raccogliere rami e a legar fascine. Per un poco lavorarono insieme , poi padre e madre si scostarono pian piano dai piccini e si allontanarono, guardando in aria, come se rincorressero le nuvole.
Quando i bambini si accorsero di essere rimasti soli, si misero a piangere e a lamentarsi.
- La mamma e il papà si sono persi! - gridò uno.
- Io ho paura del canarino mannaro! - fece eco un altro.
- E io degli ecologisti senza frontiere - - Ecco, adesso ci manderanno dritto al corso di biodanza per bambini senza speranza! - - E’ qua che ti sbagli: finiremo al Villaggio del Pensiero Positivo, dove tutto è riso, anche il mal di pancia!- Pollicino non si scompose: sotto l’apparenza di pasticcino mignon batteva in lui un cuore aperto e generoso e il suo pensiero riusciva ad elaborare delle soluzioni, così da non lasciarsi vincere dalla paura dell’ignoto. Era sicuro di trovare la strada di casa: quella mattina aveva lasciato cadere, di nascosto, lungo il sentiero, i sassolini bianchi che aveva messo nelle tasche prima di andare nel bosco. “Non abbiate paura! Non fate i bambini!” disse ai fratelli. “Invece di piangere aiutatemi a ritrovare la strada; papà e mamma sono corti di pensiero, non sanno far altro che trovare soluzioni finali, ma io so come riportarvi a casa. Seguitemi.” Le creature s’attaccarono al fratellino che aveva fatto balenare loro una speranza di salvezza e lo seguirono per la stessa strada che avevano percorso al mattino, e che i sassolini bianchi indicavano chiaramente. Pollicino condusse così a casa i fratelli. A dire il vero lungo la strada il bambino aveva avuto dei ripensamenti: avrebbe voluto infilarsi nella casa del suo amico Piercappone, già il nome del compagno gli faceva venire l’acquolina frizzante in gola, e farsi adottare dal suo papà per cui nutriva una grande simpatia. Gli piaceva quell’uomo che aveva comprato a suo figlio un carretto e un cavallino e che invitava lui e i suoi fratelli a giocare e a mangiare focacce farcite. Sapeva tirare di scherma, giocare a bridge e a Monopoli e vinceva sempre. Invitava poi in casa sua teatranti, toreri, bandilleros e trobadores, pirati e capitani di ventura che raccontavano storie e avventure sulle quali Pollicino poteva navigare col pensiero. La loro casa poi era ben custodita dai pastori tedeschi Rex e Rin-tin-tin. C’eran poi dei fatti in quella famiglia che lo ingolosivano molto: Piercappone poteva addirittura infilarsi nel grande lettone di piume dei suoi genitori, bere due gocce di caffè d’orzo la domenica e indossare il giovedì gli stivali da caccia del papà e entrare così nello stagno a caccia di ranocchie e girini. La mamma del suo amico, poi, sembrava uscita da un libro di fiabe tanto era bionda e sinuosa e vestiva Rocco Barocco durante le cerimonie religiose, mentre tutti i giorni indossava Armani. Pollicino sapeva però che il papà del suo compagno avrebbe magari potuto adottare un figlio, ma sette eran davvero troppi! E lui non se la sentiva di lasciar soli i fratelli, e anche i genitori, sprovveduti com’erano!. Non era ancora tempo, ma non per questo abbandonò la speranza di trovare qualcosa di buono per sé e per i suoi: qualche sportello aperto ci doveva pur essere! Appena i piccini furono giunti a casa non ebbero il coraggio di entrare, ma appoggiarono l’orecchio alla porta per ascoltare ciò che dicevano tra loro padre e madre. Dopo aver lasciato i figli soli nel bosco, i genitori erano tornati alla loro catapecchia. Proprio nel momento in cui essi avevano varcato la soglia era accaduta una cosa sorprendente e inaspettata: il signore del villaggio aveva mandato al taglialegna dieci scudi per saldare un grosso debito, ma non solo, aveva spedito il cuoco Marchesini con ogni ben di Dio: antipasti caldi e freddi, tagliolini all’aragosta, tacchina al forno, filetto alla Bismark e torta meringhe e panna. I due poveri derelitti davanti a quei beni non sapevano se ridere o piangere, ma poi, abituati com’erano, scelsero anche in quell’occasione di piangere calde lacrime, così avrebbero lavato il viso senza consumare l’acqua. Pur pensando che quella ricchezza era arrivava troppo tardi per i loro figli, vennero presi da una tale fame che si buttarono sui cibi succulenti fino a che non si furono ben rimpinzati. Dopo di che la moglie del taglialegna aveva incominciato a lagnarsi: “Ahimè dove saranno in questo momento i nostri bambini? Chissà che bella accoglienza avrebbero fatto a tutti questi ricchi cibi rimasti!” E poiché non le pareva di essersi disperata abbastanza, urlò di nuovo: “Dove saranno i miei poveri bambini, mentre noi godiamo di tutto ciò. Dove saranno?” “Mamma, babbo, siamo qui, siamo qui!” La mamma corse subito ad aprire e urlò: ”Ho sentito la voce del sangue.” “Mamma, il plasma non parla, noi sì” ebbe a rispondere Pollicino per riportare la mamma dai romanzi rosa all’attualità. La donna fece finta di non capire e sussurrò un: ”Come sono felice di rivedervi” poi, dopo essersi allontanata dai suoi piccoli, solo un attimo, riprese: “Sarete stanchi e magari avete anche fame!” Presa infine da uno slancio di materno amore, così aveva visto fare in uno spettacolo del Circo, abbracciò i suoi piccoli, ma poiché erano troppi, ne abbracciò uno sì e uno no. I bambini si misero a tavola e fecero onore a tre fili di fettuccine, al grasso del filetto e alle briciole di meringata e poi succhiarono le ossa della tacchina. La madre intanto li guardava e beatamente sorrideva. Purtroppo quella felicità non ebbe lunga durata: durò esattamente finchè vi furono scudi da spendere. E ancora una volta i poveri genitori si videro costretti a riprendere l’orribile decisione di abbandonare i figli nel bosco. Pollicino intese i loro discorsi e si disse: ”Ancora! I miei genitori non sono ancora arrivati a pensare che è possibile cavarsi d’impaccio. Stanno sempre ad aspettare che dal cielo piova la manna, che dal Re arrivi la pagnotta, dall’Associazione Arti e Mestieri lo stipendio e dal gioco della Super-Lippa gli scudi, ma non fanno nulla di diverso da ciò che han sempre fatto! Se solo uscissero in cerca di selvaggina e portassero anche noi avrebbero risolto il loro e nostro problema!” Pollicino, allora, un poco annoiato per quella storia che si ripeteva da troppo tempo si disse: ”Uffa, mi toccherà di nuovo far provvista di sassi!” Quando alle prime luci dell’alba il bambino si alzò e fece per uscire, trovò la porta ben chiusa: i genitori per paura dei ladri che avrebbero potuto rubare i loro pidocchi s’eran messi a dar giri di serratura. Sconsolato, attese la mattina, e, quando la mamma andò a rubare all’uccellino che cantava felice sulla quercia il suo pezzo di pane per distribuirlo ai figli, ebbe un’idea: rinunciò a mangiare la sua parte e se la mise in tasca. Se ne sarebbe servito nel bosco: al posto dei sassolini, avrebbe lasciato cadere delle briciole di pane sul sentiero. Padre e madre condussero i figli nel bosco e come l’altra volta cominciarono a lavorare, poi si scostarono pian piano dai figlioli e si allontanarono rapidamente, questa volta facendo finta di acchiappare delle libellule in amore. Pollicino se la rideva perché sapeva che, malgrado i genitori, sarebbe tornato a casa con i fratelli un’altra volta. A dire il vero era sempre più convinto che sarebbe stato meglio girare in lungo e in largo a cercare fortuna, magari emigrare in America o in Canada, per vedere come andava il mondo, ma soprattutto desiderava che i suoi genitori si dessero una mossa. Ma, ahimè, quando cominciò a cercare le briciole rimase di stucco: non ne trovò nemmeno una.

(continua...)
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